E’ uscito l’ennesimo studio su UAU. Si analizzano i primi 9 numeri, riproducendoli quasi interamente per 432 pagine (su 478).
All’inizio un saggio dell’autore che termina con queste parole: “Come ben sintetizza Ballard, il successo della fantascienza non è stato nel prevedere un futuro, ma nel generare il nostro presente, oltretutto un presente che il collettivo di UAU rifiutava. Allo stesso tempo, le parole di Ballard ci mostrano che l’obiettivo originale di UAU, – il voler distruggere la fantascienza – si è risolto in un fallimento. Il nostro mediascape contemporaneo e le forme di lavoro precario attuali ne sono la prova. Tuttavia, questo fallimento, che, come abbiamo visto, si compie proprio davanti all’incapacità di rendere immagine il nostro mondo popolato di simulacri, oggi rappresenta un’enorme risorsa, un punto di partenza per ritrovare forme di immaginazione e discussione che potrebbero aiutarci a definire un al di là della prassi.”
Ho avuto modo di parlare brevemente con German alla fine della presentazione. Gli ho chiesto come mai, nel voluminoso testo, non vi è alcun accenno al fatto che UAU, dopo più di 40 anni, è rinata e ne sono usciti 4 numeri, il 10, l’11, il 12 e il 13, mentre è in uscita il 14 sul tema GUERRA E PACE. Mi ha brevemente risposto che la sua è stata una scelta, pur essendo al corrente dell’uscita di quattro numeri negli ultimi 4 anni. Il suo intento era semplicemente quello di raccontare una vicenda conclusasi nel 1982.
Completano il lavoro tre saggi di Giuliano Spagnul, Diego Gabutti e Carlo Pagetti.
Dopo l’intervento dei quattro relatori, ho chiesto di intervenire ed ho iniziato a parlare.
Ho fatto una breve osservazione sia sul fatto che di UAU si continua a parlare, dal 1977, senza interruzione, che sono stati pubblicati tre lavori negli ultimi anni, che esiste, continuamente arricchito, il Bibliotork Interzona Caronia (un archivio di libri e pubblicazioni di movimento e un fondo donato da Antonio Caronia) e infine che ben sei redattori della cessata, nel 1982, UAU, si sono ritrovati e hanno editato tre numeri, l’l1, il 12 e il 13 e stanno preparando i due successivi, il 14 e il 15 (su GUERRA E PACE e sull’INTELLIGENZA ARTIFICIALE).
Ho poi letto una parte dell’editoriale del n. 12 (lo scritto di Nico, uno degli scritti coi quali ogni redattore definiva il senso di UAU oggi, secondo il suo punto di vista).
Stavo per concludere l’intervento (avevo parlato circa 10 minuti) con alcune osservazioni su uno dei saggi presenti nel volume quando Giuliano Spagnul mi ha interrotto dicendomi: basta, fai parlare gli altri. Ho accettato di non dire più una parola ed ora scrivo qui quello che avrei detto.
Nel volume, a pag. 457 si legge: ‘…letteratura di genere che saprà, nell’arco della sua relativamente breve vita, influenzare altri media come il cinema, fumetto, televisione, pubblicità, design, giochi e giocattoli, ecc. oltre all’invenzione di parole nuove e idee e concetti inediti.’ Nella nota a più pagina si legge: ‘La fantascienza nasce negli anni Venti sulle riviste pulp americane e muore negli anni Ottanta con il fenomeno del cyberpunk. Sintesi lapidaria della breve vita di un genere letterario popolare. Vero, non vero, azzardato? Sgombriamo il campo da inutili discussioni: è un’affermazione né più vera né più falsa di altre, che pure sono possibili. A noi sembra semplicemente più utile’ (A Caronia, G. Spagnul, La fantascienza, il futuro, il residuo dell’immaginario, introduzione a I labirinti della Fantascienza, Mimesis, Milano, 2012.
A pag. 460 si legge: ‘La nascita del sottogenere cyberpunk, agli inizi degli anni ottanta e l’opera dello scrittore, oggi più cult, Philip K. Dick (scomparso nel 1982 e considerato da molti come predecessore e ispiratore del cyberpunk) sanciscono la fine della forma letteraria che, a detta di Ballard, poteva essere considerata <la forma narrativa più adatta a esprimere la sensibilità di una società industriale matura (…) la vera letteratura del XX secolo.>’
Qui rilevo una contraddizione. La FS è morta o non è morta? E’ vero, non è vero? Se è utile sostenerlo in che senso lo è? Chiedo ai relatori di chiarire la cosa e venire in chiaro, se possibile, dei conflitti che generano queste contrastanti affermazioni.
Ciò che è accaduto dopo il 2012, data della nota a pag. 457, sembra a mio avviso certificare che la FS non è affatto morta ma, anche e soprattutto in Italia, in Cina, nell’America del Sud, nei paesi arabi ed in molti altri paesi dove prima non esisteva come letteratura in quella lingua, è vivissima e molto produttiva.
A pag. 462-463 leggo: Una storia scritta dentro quel movimento alla cui fine non avrebbe mai potuto sopravvivere. E questo non si dovrebbe mai mancare di ribadirlo! Fuori dal mondo della fantascienza (in cui ben pochi avranno voglia di ricordarla) Un’Ambigua Utopia è una storia interna al movimento, è una storia di un estremo tentativo di coniugare l’attivismo politico con un immaginario affatto diverso dall’utopia del sol dell’avvenire. Immaginare il possibile su un piano altro in cui, senza abbandonare la ragione, questa possa allargarsi per comprendere i bisogni umani inediti che il mutare incessante della vita ci pone d’innanzi. Voler ripetere oggi questa esperienza avrebbe un senso puramente simbolico (o tutt’al più come fake) viceversa sarebbe solo l’ennesima operazione nostalgia. Ma come esperienza, da riconsiderare e ripensare per quello che è stata: uno strumento d’indagine militante per pensare il pensiero dell’immaginario, allora è ancora un attrezzo utile per porsi oggi di fronte a ciò che ostinatamente continuiamo a voler chiamare fantascienza, ma che altro non è che un riflesso compulsivo di un immaginario in cui sono del tutto assenti quelle regole e quei confini che un tempo servivano a caratterizzarlo e definirlo…..La morte della fantascienza quindi come percorso conclusivo di questo passaggio. Non si da il nuovo se prima non muore il vecchio. Dichiarando la fantascienza come morta Antonio Caronia ne può rilevare l’ottima salute nel suo stato nascente, tutto da definire, da risignificare come la nuova epoca che stiamo vivendo e contribuendo, nel bene o nel male, a edificare. Ma è una salute di un nuovo nato nella discontinuità con chi l’ha preceduto.
E no, qui non ci siamo. Non è in corso nessuna “operazione nostalgia”, nemmeno simbolica, e men che meno un fake.
Se è verosimile, come ritengo sensato sostenere, che la fantascienza non è morta ma è mutata, se è verosimile affermare che il mondo è un poco cambiato rispetto a quello di 42 anni fa, se è ragionevole affermare che la fantascienza è uno specchio, deformante, del mondo e questo specchio riflette, deformato il mondo, allora il lavoro da fare è tanto, con uno specchio più evoluto e aggiornato nella sua capacità di riflettere, per contribuire ad edificare un mondo diverso. E’ quello che, con grande modestia ma con tenacia, sta provando a fare la redazione della rinata UAU.
Fateci gli auguri.
Infine, a pag. 463 un’affermazione che la redazione attuale di UAU non può che condividere perché ispira anche la nostra attività: ‘Quell’ingovernabile, quell’indeterminatezza che ci consentano, ancora una volta, e ancor di più, di poter dire che i giochi non sono fatti e che ricominciare una nuova avventura è sempre possibile.’
Marco Dubini e Gerardo Frizzati, redazione di UAU
Milano, 12/6/24